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L’Istituto Mario Negri IRCCS di Milano ha avviato un importantissimo progetto di studio delle mutazioni genetiche coinvolte nello sviluppo del tumore. Una sfida da vincere per migliorare diagnosi e cura.

Il tumore all’ovaio è un “killer silenzioso”, che conta ogni anno oltre 5000 nuove diagnosi in Italia e quasi 300.000 nel Mondo - con una sopravvivenza ai 5 anni che non arriva al 40%. Un tumore infido e spietato, ma dal mondo della ricerca scientifica arrivano segnali di speranza.

 

Il Dipartimento di Oncologia dell’Istituto Mario Negri di Milano ha avviato un importantissimo progetto, fortemente voluto da Alessandra Bono, prematuramente scomparsa dopo anni di lotta contro questa malattia, e finanziato dalla Fondazione che oggi porta il suo nome.

Si tratta di una ricerca sulla comprensione del ruolo che ogni singola mutazione nel DNA ha in ogni singola fase del processo di trasformazione tumorale.

 

Per la prima volta, i ricercatori del Mario Negri hanno identificato delle “amplificazioni genetiche” che sono un evento precoce nelle fasi di sviluppo e crescita della malattia.

Le “mutazioni nel DNA” sono oggi considerate la causa principale di insorgenza di tumori e spesso sono responsabili della resistenza ad una terapia farmacologica. Ma non tutte le mutazioni sono uguali, e non tutte hanno lo stesso ruolo nelle diverse fasi della crescita e dello sviluppo del tumore.

 

Dietro la semplice parola “mutazioni” si nasconde in realtà una enorme complessità molecolare che ha reso difficile non solo catalogare ma anche capire il ruolo che ogni singola mutazione ha in ogni singola fase del processo di trasformazione tumorale.

 

La vera sfida di oggi non è identificare “le mutazioni” ma bensì capire quali siano quelle mutazioni che compaiono per prime nel genoma della cellula e che sono fondamentali per governarne la crescita e la resistenza alla terapia.

 

Questa sfida rappresenta un passo importante per migliorare la diagnosi e la cura del tumore stesso.

 

Il campo della ricerca: l’amplificazione genica del cromosoma 3 e del cromosoma 8.

 

Il lavoro scientifico pubblicato dal Dipartimento di Oncologia dell’Istituto Mario Negri (Ballabio et al. IJC 2019) ha cercato di classificare e catalogare i diversi tipi di mutazioni presenti nel DNA delle cellule tumorali di pazienti affette da tumore epiteliale maligno dell’ovaio sieroso ad alto grado.

 

Per la prima volta sono state identificate sul cromosoma 3 e sul cromosoma 8 due piccole regioni che contengono una maggior quantità di DNA (in gergo tecnico: “amplificazione genica”) rispetto a quello contenuto in una cellula normale.

 

Utilizzando i potenti sistemi informatici a disposizione e le più recenti tecnologie di sequenziamento del DNA, i ricercatori del Mario Negri hanno capito che le amplificazioni geniche in questi due cromosomi sono un evento precoce nelle fasi di sviluppo e crescita della malattie e  ne diventano una caratteristica comune, anche quando la malattia recidiva dopo una iniziale risposta positiva alla terapia.

 

In queste due regioni sono codificati solo 16 geni, di cui si sa ancora molto poco dal punto di vista funzionale. È verosimile pensare sulla base delle esperienze pregresse con altri tumori che l’aumento di materiale genetico comporti una aumentata espressione di questi geni e questo rappresenti un evento fondamentale per permettere alla cellula tumorale di progredire e crescere verso la malignità.

 

Da questa osservazione sono in partenza tutta una serie di studi funzionali per capire come e perché questi 16 geni contribuiscono alla crescita della cellula tumorale e se possono essere importanti dal punto di vista terapeutico per sviluppare in futuro nuove terapie con farmaci più specifici di quelli disponibili fino ad oggi.

 

Tali studi sono già stati oggetto di pubblicazione da parte dell’autorevole rivista specializzata International Journal of Cancer.

SOSTEGNO AI PROGRAMMI DI RICERCA

SUL TUMORE ALL'OVAIO

ISTITUTO DI RICERCHE FARMACOLOGICHE "MARIO NEGRI" DI MILANO
REPARTO DI ONCOLOGIA

AGGIORNAMENTO

LUGLIO 2020

MESSA A PUNTO
PER LA PRIMA VOLTA
UNA PROCEDURA PER
LA DIAGNOSI PRECOCE
DEL CARCINOMA DELL'OVAIO

Utilizzando il PAP test, che consiste nel prelievo di cellule dal collo dell'utero e dal canale cervicale, è possibile diagnosticare i tumori dell'ovaio in fase precoce attraverso l’impiego di nuove tecnologie di sequenziamento del DNA.

 

La scoperta è frutto di una ricerca, pubblicata sull’autorevole rivista scientifica Jama Network Open.

L’innovativa procedura riveste una grande importanza in quanto la maggioranza delle pazienti con carcinoma dell'ovaio non presentano sintomi specifici e la diagnosi della malattia avviene in fase tardiva, quando il tumore è avanzato e molto difficile da curare. Se il tumore ovarico viene diagnosticato in stadio iniziale la possibilità di sopravvivenza a 5 anni è del 75-95% mentre la percentuale scende al 25% per i tumori diagnosticati in stadio molto avanzato.

AGGIORNAMENTO

DICEMBRE 2020

MESSA A PUNTO
PER LA PRIMA VOLTA
UNA BIOPSIA LIQUIDA PER SEGUIRE L'EVOLUZIONE DEL TUMORE OVARICO TRAMITE UN PRELIEVO DI SANGUE

Un semplice prelievo di sangue per avere in qualsiasi momento informazioni molecolari sul tumore maligno epiteliale dell’ovaio e la sua progressione: è questo l’ultimo studio condotto dai ricercatori del Dipartimento di Oncologia dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e guidato da Maurizio D’Incalci. 

 

Appena pubblicato sull’autorevole rivista americana Clinical Cancer Research, lo studio è realizzato in collaborazione con i medici dell’Ospedale San Gerardo di Monza (Università di Milano Bicocca) e con i ricercatori dell’Università di Padova e dell’Harvard Medical School di Boston.

 

Sequenziando il DNA presente nel sangue, è possibile intercettare le tracce della presenza del DNA tumorale, misurarlo e studiarlo.

 

“La biopsia liquida basata sulla misura del DNA tumorale circolante nel sangue – spiega Maurizio D’Incalci - ci permette di seguire l’andamento della malattia e la risposta alle terapie. La metodica permette di anticipare la diagnosi di recidiva di molti mesi rispetto ai metodi standard, come la misura del CA-125 o gli esami radiologici e, quindi, oltre al vantaggio di non essere invasivo, risulta molto più sensibile. I tumori dell’ovaio sono molto eterogenei, ma nella maggioranza di essi esistono delle alterazioni cromosomiche che permettono di distinguere il DNA delle cellule tumorali da quello delle cellule normali”. 

RASSEGNA STAMPA

- La Repubblica

- Quotidiano Sanità

- Il Farmacista Online

- Tecnomedicina

- Il-galileo

- Meteoweb

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Sanità24

AGGIORNAMENTO LUGLIO 2020

- Poster

- Comunicato Stampa Istituto Mario Negri

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